Sindrome di Gilbert, di cosa si tratta? Ecco cos’è, sintomi e consigli su dieta e rimedi

La sindrome di Gilbert determina un lieve aumento dei livelli di bilirubina indiretta. Ecco gli aspetti caratterizzanti la sindrome e alcune semplici regole per affrontarla ogni giorno.

La sindrome di Gilbert è una condizione ereditaria e benigna a carico del fegato. Essa è stata descritta per la prima volta nel 1901 e colpisce dal 2% al 10% della popolazione caucasica nel mondo occidentale. [1] Sebbene si tratti di una condizione decisamente nota e ben definita dal punto di vista clinico, persistono ad oggi numerosi dubbi tra i pazienti.

Immagine di copertina - Sindrome di Gilbert

Nella trattazione seguente, vedremo cos’è la sindrome di gilbert e quali sono le caratteristiche distintive, focalizzando l’attenzione sulle cause scatenanti, sui sintomi correlati e sulle conseguenze che essa può avere sulla salute globale del soggetto.

Successivamente, verranno descritti i possibili approcci fitoterapici e nutrizionali finalizzati alla corretta gestione della sindrome. Infine, verrà dedicato un paragrafo ai possibili aspetti preventivi.

Cos’è la sindrome di Gilbert

Cos’è la sindrome di Gilbert? Come accennato nella parte introduttiva, la sindrome di Gilbert può essere definita come un disordine epatico caratterizzato da un decorso assolutamente benigno. Principalmente, la sindrome di Gilbert si caratterizza per un aumento lieve e intermittente dei livelli di bilirubina, ovvero del pigmento giallo-arancione che deriva dal normale processo di senescenza dei globuli rossi. Occorre aggiungere che la bilirubina costituisce un prodotto di scarto e che, in quanto tale, deve essere eliminata dall’organismo.

Tornando alla sindrome, l’aumento dei valori suddetti è riconducibile, nello specifico, alla bilirubina indiretta, ovvero alla forma del pigmento non ancora pronta per essere escreta. A questo punto, è utile specificare che i valori fisiologici di bilirubina indiretta, riscontrabili a partire dagli esami del sangue, si collocano tra 0,2 e 0,8 mg/dL.

Per quanto concerne la diagnosi della sindrome di Gilbert, essa coincide con l’assenza di altre patologie a carico del fegato, delle vie biliari o del sangue che possano determinare una sintomatologia simile a quella provocata dalla sindrome di Gilbert. Ai fini della diagnosi occorre inoltre che vi sia una condizione di iperbilirubinemia indiretta ricorrente, associata a marcatori di funzionalità epatica normali. La sindrome di Gilbert può essere inoltre diagnosticata mediante tecniche di biologia molecolare, al fine di verificarne la presenza a livello genetico.

Cause della Sindrome di Gilbert

Vediamo ora quali sono le principali cause della sindrome di Gilbert. Ai fini della sua espulsione da parte degli organi escretori, è necessario che la bilirubina indiretta venga convertita in una forma idrosolubile e non tossica nota come bilirubina diretta. Tale conversione avviene nel fegato ad opera di un enzima dalla denominazione alquanto complessa: UDP-glucuronil-transferasi, nella sua isoforma nota con l’acronimo UGT1A1.

La sindrome di Gilbert è dovuta ad una mutazione genetica che si ripercuote sulla produzione di tale enzima determinandone una minore espressione, a cui segue l’accumulo della bilirubina indiretta a livello ematico.

Nella sua forma più comune tra la popolazione caucasica, la sindrome di Gilbert viene ereditata da entrambi i genitori, i quali, essendo “portatori sani”, non manifestano in alcun modo gli eventuali sintomi associati alla sindrome stessa. [2]

La base genetica costituisce, ad oggi, l’unica causa accertata della sindrome di Gilbert, determinando la persistenza di tale condizione. Non esistono dunque altri fattori causali attualmente comprovati.

Sindrome di Gilbert: sintomi e segni caratteristici

Considerando, adesso, i sintomi della sindrome di Gilbert, è importante specificare che la loro comparsa è tendenzialmente temporanea. Ad ogni modo, la sindrome in questione è molto spesso asintomatica.

L’aumento variabile dei livelli di bilirubina indiretta può comportare la comparsa di un lieve ittero, ovvero della colorazione giallastra della pelle. In altri casi, relativamente più frequenti, il colorito anomalo interessa soltanto la sclera oculare e, in questo caso, si parla di sub-ittero. Entrambe le condizioni si risolvono in breve tempo e in maniera del tutto spontanea.

Talvolta possono comparire altri lievi sintomi, quali stanchezza, dolori addominali, prurito e difficoltà nella concentrazione.

Negli individui affetti dalla sindrome di Gilbert, i livelli di bilirubina restano moderatamente alti, sebbene la sintomatologia possa essere incrementata dai periodi di stress, dalla disidratazione e dal digiuno prolungato. Anche l’esercizio fisico intenso, i periodi di malattia, il ciclo mestruale e un insufficiente riposo notturno possono determinare la comparsa dei sintomi.

Tenendo conto della frequente assenza dei sintomi correlati, la sindrome viene talvolta diagnosticata in maniera fortuita, sulla base dei soli valori di bilirubina indiretta. In ogni caso, la sindrome di Gilbert viene in genere diagnosticata a partire dall’età adolescenziale, manifestandosi con maggiore frequenza negli individui di sesso maschile.

Conseguenze della sindrome di Gilbert

Entrando nel merito delle eventuali conseguenze della sindrome di Gilbert, occorre premettere che, trattandosi di una sindrome ereditaria, essa non può in alcun modo scomparire, protraendosi per tutta la vita dell’individuo. Tuttavia, configurandosi come una condizione benigna, la sindrome non presenta alcuna ripercussione sulla salute generale del soggetto. Al fine di descrivere la condizione in esame, molto spesso, si tende a non utilizzare le terminologie “malattia di Gilbert” o “morbo di Gilbert”, enfatizzandone il carattere di innocuità.

Tuttavia, al fine di tenere sotto controllo i sintomi eventualmente associati alla sindrome di Gilbert, è possibile ricorrere ad alcuni accorgimenti. Questo aspetto verrà approfondito nel prossimo paragrafo.

Una precisazione degna di nota riguarda l’assunzione dei farmaci, dal momento che la sindrome di Gilbert potrebbe favorirne i relativi effetti collaterali. Tale fenomeno è stato osservato, in particolare, per alcuni farmaci utilizzati nella cura del cancro, così come per alcuni farmaci definiti come “retrovirali”. [3] In generale, è sempre opportuno informarsi, presso il proprio medico curante e/o gli eventuali specialisti, sulla compatibilità tra la sindrome di Gilbert e qualsiasi terapia farmacologica.

Sindrome di Gilbert: i rimedi

Per quanto riguarda il trattamento della sindrome di Gilbert, non sono previste terapie farmacologiche particolari, dal momento che la eventuale comparsa dei sintomi tende a risolversi spontaneamente in breve tempo e senza lasciare conseguenze. Ai fini estetici, il trattamento dell’ittero potrebbe prevedere l’utilizzo di farmaci barbiturici, sebbene i relativi effetti collaterali rendano questa pratica molto poco frequente.

Relativamente al sostegno generale della funzionalità epatica, sono disponibili in commercio diversi rimedi naturali ai quali poter fare riferimento. Fermo restando che, prima del loro utilizzo, è sempre consigliabile ricorrere al parere del medico curante e/o dello specialista epatologo, può essere utile approfondire il ruolo di alcuni espedienti fitoterapici.

1 Curcumina

La curcumina è una delle molecole più rilevanti ricavabili dalla curcuma (Curcuma longa), una spezia ampiamente conosciuta e utilizzata. Per quanto concerne i suoi aspetti curativi, la curcumina è nota in ambito medicinale e fitoterapico per la sua azione protettiva sul tessuto epatico. In particolare, la curcumina sembra agire positivamente contro lo stress ossidativo e contro i processi dell’infiammazione. Diversi studi suggeriscono che la supplementazione di curcumina possa funzionare da fattore di prevenzione e trattamento verso varie problematiche epatiche. [4]

2 Carciofo

Classificato in botanica come Cynara scolymus, il carciofo appartiene alla famiglia delle Asteraceae ed è diffuso nei paesi dell’Europa centrale e meridionale. L’utilizzo del carciofo a scopo curativo occupa un ruolo definito all’interno della medicina popolare, vantando proprietà benefiche sulle affezioni a carico del fegato e delle vie biliari.

Alcuni tra gli effetti curativi del carciofo sono stati attribuiti ai componenti bioattivi in esso contenuti e al loro potere antiossidante. Tra questi componenti figurano sostanze definite, nel complesso, come flavonoidi e acidi fenolici. [5] In generale, il carciofo vanta proprietà rigeneranti a livello epatico, così come spiccate proprietà coleretiche. Con quest’ultimo termine si intende la capacità di stimolare la produzione di bile.

3 Cardo mariano

Diffuso ormai in tutto il mondo, il cardo mariano (Silybum marianum) è una pianta originaria dell’Asia e del Sud Europa. Esso viene utilizzato come rimedio fitoterapico fin dai tempi antichi, in virtù delle sue attività benefiche sulla salute del fegato. Numerose indagini sperimentali attribuiscono al cardio mariano diversi meccanismi di azione, tra i quali rientrano le attività antinfiammatorie e antiossidanti. Inoltre, sembra che il cardio mariano possa agire in modo benefico sulla permeabilità cellulare e sui processi di rigenerazione del tessuto epatico.

Tra i principi attivi del cardio mariano è evidenziabile la silimarina, un complesso di sostanze noto anche per le sue proprietà di antidoto. La silimarina viene infatti utilizzata per contrastare l’avvelenamento da sostanze farmacologiche o fungine. [6] Complessivamente, il cardo mariano vanta, inoltre, proprietà coleretiche e colagoghe, stimolando, rispettivamente, la produzione e la secrezione della bile.

4 Tarassaco

Anch’esso appartenente alla famiglia delle Asteraceae, il tarassaco (Taraxacum officinalis) è una pianta medicinale particolarmente apprezzata in diverse culture e continenti. Tradizionalmente, il tarassaco viene utilizzato nel trattamento di varie affezioni epatiche.

Le indagini sulla composizione chimica del tarassaco hanno rilevato la presenza di sostanze biologicamente attive, come terpenoidi e steroli, equamente distribuite nelle diverse sezioni della pianta e implicate nelle accennate proprietà curative. Il tarassaco sembra agire sulla salute del fegato esercitando diverse attività, tra le quali sono degne di nota quelle antifibrotiche, antiossidanti e antitumorali. [7]

5 Boldo

Rientrando a pieno titolo tra i rimedi naturali per la salute epatica, il boldo (Peumus boldus) è una specie botanica originaria del Sud America e appartenente alla famiglia delle Monimiaceae. Il suo utilizzo nell’ambito della medicina popolare è decisamente antico, applicandosi principalmente alle problematiche inerenti ai processi digestivi. Tuttavia, il boldo vanta anche un risaputo effetto sul benessere del fegato, esercitando proprietà disintossicanti, epatoprotettrici e colagoghe. Tali proprietà sono correlate ai diversi componenti bioattivi della pianta, quali alcaloidi, fenoli e saponine. [8]

Dieta e sindrome di Gilbert: cosa mangiare e cosa evitare

È ora il momento di considerare una possibile correlazione tra dieta e sindrome di Gilbert. Sebbene non esistano delle vere e proprie “linee guida” per la gestione nutrizionale della sindrome di Gilbert, è comunque consigliabile agire sull’alimentazione, attenendosi a poche e semplici regole quotidiane.

Prima di tutto, è importante non saltare i pasti ed evitare il digiuno prolungato. Allo stesso modo, è consigliabile astenersi dalla restrizione calorica eccessiva. Qualora fosse necessario intraprendere un percorso dietetico finalizzato alla perdita del grasso in eccesso, è raccomandabile affidarsi a figure professionali esperte in nutrizione e salute, che possano stilare un piano alimentare caratterizzato da un’adeguata restrizione calorica.

Ad ogni modo, è importante evitare anche la condizione opposta, caratterizzata dagli eccessi. A questo proposito, è importante saper riconoscere i segnali del corpo e alimentarsi sulla base delle sue reali necessità. Le capacità funzionali del fegato vengono infatti agevolate da un’alimentazione leggera ed equilibrata.

Volendo fornire qualche dettaglio pratico su cosa mangiare in caso di sindrome di Gilbert, è utile partire dalla quota giornaliera di carboidrati complessi, ricavabili, preferibilmente, da riso, tuberi e cereali privi di glutine. Ai fini della funzionalità epatica, può essere utile prediligere il consumo di carboidrati serali, riservando le fonti proteiche agli altri pasti della giornata.

In relazione alle accennate fonti proteiche, è consigliabile optare per carni bianche e pesci magri, così come per un moderato consumo settimanale di uova e formaggi freschi. Per quanto riguarda le proteine vegetali, ricavabili dai cereali, ma anche da tutte le tipologie di legumi, dalla frutta secca e dai semi, esse rientrano in un’alimentazione che può definirsi corretta. Interessanti, a questo proposito, sono inoltre i derivati della soia, come il tofu e il tempeh.

In virtù delle sue notevoli proprietà benefiche, l’olio extravergine di oliva, da utilizzare nelle giuste dosi e rigorosamente a crudo, dovrebbe rappresentare il condimento per eccellenza. La frutta e la verdura possono e devono essere consumate giornalmente, nelle quantità adeguate.

Volendo, invece, considerare cosa evitare se affetti dalla sindrome di Gilbert, l’allontanamento generale dagli eccessi di qualsiasi tipo, dovrebbe associarsi ad un consumo moderato di zuccheri semplici, così come di cibi grassi e particolarmente elaborati, riducendo al minimo il consumo, ad esempio, di fritture e insaccati. Al fine di preservare la funzionalità epatica, è inoltre preferibile limitare il consumo di alcol.

Si può prevenire la sindrome di Gilbert?

Dal momento che la sindrome di Gilbert viene definita dalle informazioni genetiche del soggetto, essa è dunque presente fin dalla nascita e non è in alcun modo possibile prevenirla. Tuttavia, è possibile tenere sotto controllo la sintomatologia associata agendo sul proprio stile di vita.

Oltre alla cura per l’alimentazione, di cui si è discusso nel paragrafo precedente, è consigliabile prestare attenzione ad altri aspetti relativi al proprio benessere psico-fisico. Nello specifico, è importante concedersi le giuste ore di riposo notturno e imparare a gestire al meglio i periodi particolarmente stressanti. È inoltre consigliabile praticare attività sportiva costante e moderata, senza cadere nello sforzo eccessivo.

Dott.ssa Gabriella Reggina

La Dott.ssa Gabriella Reggina è laureata in biologia presso l’Università Federico II di Napoli e ha proseguito gli studi post-laurea in materia di nutrizione e igiene degli alimenti. È iscritta all’Ordine Nazionale dei Biologi.

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2 commenti

  1. Il cardo mariano quante gocce posso dare al mio figlio con problema di talassemia minor e morbo gibert? C’è qualche indicazione? Ci sarebbe un numero verde per chiarire altri dubbi?

    1. Gentile Estela, in generale, è possibile assumere cardo mariano anche in presenza di sindrome di Gilbert e talassemia minor. Tuttavia, non vengono fornite informazioni circa l’età di suo figlio, per cui non è possibile suggerire delle quantità specifiche. Gli integratori, tra l’altro, possono variare per composizione e posologia, ed è importante, quindi, consultarne sempre le istruzioni in dotazione. In ogni caso, suggeriamo di sottoporre qualsiasi dubbio al parere del suo medico di fiducia.
      Un caro saluto.

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