Effetti di una dieta ipocalorica: cosa succede se si mangia meno calorie del proprio fabbisogno giornaliero

La dieta ipocalorica è uno strumento utile per combattere il sovrappeso. Ecco i criteri su cui si basa.

La dieta ipocalorica rappresenta un’impostazione più restrittiva dell’alimentazione giornaliera. Si tratta di uno “strumento” dietetico con precise finalità, la cui applicazione prevede poche e semplici regole, ma anche una certa attenzione. Nei paragrafi seguenti, vedremo le caratteristiche e gli effetti di una dieta ipocalorica. Seguiranno alcune indicazioni pratiche e qualche consiglio per gestirla al meglio.

Effetti di una dieta ipocalorica

Cosa significa seguire una dieta ipocalorica

Seguire una dieta ipocalorica significa introdurre meno calorie di quelle necessarie per coprire il fabbisogno calorico individuale. In altre parole, significa apportare meno energia di quella che occorre per svolgere tutte le attività quotidiane. Il fine ultimo, intuibilmente, è il dimagrimento.

Volendo fornire qualche dettaglio in più, diremo che il fabbisogno calorico giornaliero è caratteristico di ciascuna persona. Esso corrisponde alla quantità di calorie che bisogna apportare con gli alimenti per soddisfare il metabolismo basale, più tutte le attività fisiche che siamo abituati compiere (es.: camminare, scrivere al PC, salire le scale, ballare, ecc.).

Il metabolismo basale, a sua volta, rappresenta l’insieme delle funzioni fondamentali del corpo, come l’attività cerebrale, la respirazione, la circolazione sanguigna, ecc. Esistono, a questo punto, tre diverse condizioni da considerare:

  • Le calorie introdotte con gli alimenti corrispondono alle calorie consumate per coprire il metabolismo basale e per svolgere tutte le attività giornaliere. In questo caso, non si dimagrisce e non si ingrassa;
  • Le calorie introdotte sono in eccesso rispetto a quelle consumate. In tal caso, verrà accumulato peso corporeo sotto forma di deposito adiposo;
  • Le calorie introdotte sono in difetto rispetto a quelle consumate. In questa situazione, che è quella che più ci interessa al momento, si ottiene un bilancio energetico negativo che porterà al consumo dei depositi di grasso, e quindi alla perdita di peso.

L’impostazione della dieta ipocalorica richiede, in definitiva, un deficit calorico prestabilito. Questo viene ponderato in modo coerente con le esigenze del soggetto, come vedremo tra poco.

Come determinare il giusto apporto calorico per raggiungere il proprio obiettivo di peso

Sulla base delle nozioni precedenti, si intuisce che il calcolo del fabbisogno energetico giornaliero costituisce il primo passo per determinare un corretto deficit calorico.

La stima di partenza è quella del metabolismo basale e la si ottiene con vari metodi. Una valutazione accurata richiede la conoscenza della composizione corporea del soggetto, della sua massa grassa e, in definitiva, della sua massa magra. Ciò si ottiene attraverso tecniche specifiche, come la bioimpedenziometria e la plicometria. A seconda dei valori di massa magra e di tabelle apposite, è possibile ricavare una stima del metabolismo basale. Esistono, tuttavia, delle formule matematiche predittive che richiedono alcuni dati soggettivi, quali età, sesso, peso e altezza [1].

Una volta calcolato il metabolismo basale, occorre valutare il dispendio energetico collegato alle normali attività giornaliere, come la tipologia di lavoro, che può rivelarsi sedentaria oppure no. In modo importante, occorre considerare gli sport praticati, così come la semplice abitudine di camminare a piedi. Trattandosi di opzioni molteplici, è possibile ricorrere a una stima approssimativa dei livelli di attività fisica su tre suddivisioni: attività leggera, moderata o pesante. Anche in questo caso, per una valutazione quantitativa accettabile, esistono delle tabelle apposite.

A questo punto, occorre moltiplicare il valore corrispondente ai livelli di attività fisica per il valore del metabolismo basale. Da tale calcolo si ottiene, infine, una stima del dispendio energetico giornaliero. Partendo da quest’ultimo valore, espresso in kcal, è possibile impostare il deficit calorico.

Una dieta sostenibile si caratterizza per una riduzione calorica moderata, corrispondente al 15-20% delle calorie totali.

L’apporto proteico è poi fondamentale per non incorrere in una perdita di massa muscolare [2,3]. Per stabilirlo si fa riferimento al peso della persona, allo stile di vita e alle eventuali sessioni di allenamento.

Una conseguenza importante di una dieta troppo restrittiva riguarda l’abbassamento delle funzioni metaboliche: un meccanismo di difesa che il corpo attua per affrontare un apporto energetico inferiore del solito. Questo comporta un arresto del dimagrimento, cui segue l’errore, molto comune, di ridurre ulteriormente le calorie introdotte. Appare evidente, dunque, quanto ciò non sia sostenibile sul lungo periodo.

Cosa succede al corpo quando si assumono meno calorie del proprio fabbisogno?

Una dieta ipocalorica, caratterizzata da un deficit moderato e dall’apporto ottimale di tutti i macronutrienti, consente di ottenere una perdita graduale e continuativa del peso in eccesso.

La riduzione calorica, rispetto al fabbisogno energetico giornaliero, fa sì che il corpo cominci a utilizzare le proprie risorse interne a scopo energetico. Il fine ultimo è quello di sostenere il proprio metabolismo basale e le attività da compiere ogni giorno. Quando la dieta apporta proteine a sufficienza, tali risorse interne sono rappresentate dai grassi di deposito. Si verifica, dunque, un dimagrimento in salute, che si renderà visibile col tempo attraverso un cambiamento della forma fisica.

Effetti a breve termine sulla salute di una dieta ipocalorica

Cominciare una dieta ipocalorica richiede un nuovo adattamento. Può dunque accadere, nelle prime fasi del percorso dimagrante, di risentirne a livello fisico e psicologico, percependo alcuni disturbi passeggeri, quali spossatezza, mal di testa e irritabilità. Il senso di fame rientra, intuibilmente, tra i disturbi correlati alla dieta, tuttavia esistono degli accorgimenti per gestirlo. Approfondiremo questo aspetto più avanti.

Sebbene ogni persona abbia i suoi tempi di adattamento, il protrarsi eccessivo di questi sintomi può rivelarsi suggestivo di una dieta sbilanciata e/o eccessivamente restrittiva. Per tale motivo, occorre sempre affidarsi a una figura esperta in materia di nutrizione e dimagrimento.

Effetti a lungo termine sulla salute di una dieta ipocalorica

Il binomio riduzione calorie/dimagrimento, quando necessario e ben applicato, attenua e/o risolve le condizioni pregresse di obesità e sovrappeso. Ciò si presta, in modo ampiamente documentato, a diverse implicazioni per la salute [4,5]. Tra queste, si evidenziano il miglioramento della funzione cardiovascolare, dell’efficienza metabolica e del benessere articolare. Recuperare il peso forma aiuta a sentirsi bene anche psicologicamente, aumentando il tono dell’umore e agevolando uno stile di vita attivo [6].

Raggiunto il peso forma, poi, sarà fondamentale cercare di mantenerlo a lungo e riadattare il proprio fabbisogno energetico alla nuova condizione. Anche in questo caso, è sempre bene affidarsi ad un professionista per evitare di incorrere in carenze nutrizionali che possono presentarsi nel lungo periodo.

Come gestire gli aspetti psicologici durante una dieta ipocalorica

Intraprendere un percorso dimagrante non si ripercuote allo stesso modo su chiunque. Ognuno, nella sua individualità, reagisce in modo diverso alla restrizione calorica, ad abitudini diverse, a regole da seguire.

Un aspetto classico riguarda il senso di fame, che rappresenta il nemico acerrimo della dieta ipocalorica. Partire da un deficit calorico moderato è, senza dubbio, la base per prevenire tale ostacolo, sebbene ciò possa non bastare. Nel corso del dieta, dunque, può essere utile rifarsi ad alcune “strategie”, talvolta determinanti.

Tra queste, l’introduzione di due spuntini giornalieri (mattina e pomeriggio) per attenuare l’appetito tra un pasto e l’altro. È importante, per una reale efficacia spezza-fame, ricorrere a spuntini completi, in grado di fornire sia proteine che grassi. Nell’ambito dell’apporto calorico prestabilito, è possibile “frammentare” ulteriormente gli spuntini, favorendo anche il lato psicologico della persona. A tal proposito, anche la gestualità (es.: mangiare una mandorla di tanto in tanto) aiuta a gestire l’ansia e a non sentirsi limitati dalla dieta. Bere tanta acqua nel corso della giornata, tra l’altro, è un metodo ulteriore per placare la fame e affrontare la restrizione calorica.

Compilare una sorta di diario può invece aiutare a mantenere il controllo sull’apporto calorico e ad autogestirsi nel corso della giornata. Tenere nota della propria alimentazione è utile anche per proporre, al professionista che ci segue nel percorso dimagrante, eventuali modifiche dello schema ipocalorico, purché coerenti con gli obbiettivi prefissati. Assecondare il più possibile le preferenze individuali, così come concedere degli “sgarri” programmati, è senza dubbio funzionale al benessere psicologico del soggetto.

Nella gestione di eventuali disturbi del comportamento alimentare, è bene ricorrere anche a un aiuto psicologico professionale, al fine di fronteggiare problematiche più complesse e radicate nel tempo. In tale contesto, anche l’ambiente familiare fa la differenza, offrendo inclusione, comprensione e supporto emotivo.

Esempio di una dieta ipocalorica bilanciata: cosa mangiare

Il deficit calorico da applicare alla dieta viene stabilito sulla base delle caratteristiche intrinseche della persona e dei suoi livelli di attività fisica. Esporre uno schema dietetico, con indicazioni numeriche e quantitative, non ha dunque senso se non in relazione al singolo caso. Uno schema che risulti ipocalorico per un soggetto, in effetti, può non esserlo per un’altra persona. Ci limiteremo, dunque, a introdurre delle indicazioni generali su cosa mangiare per ciascun pasto della giornata.

Una regola comune prevede la scomposizione dell’apporto calorico in 5 pasti. Questi dovranno comporsi di macronutrienti bilanciati, e dunque fornire carboidrati complessi, grassi per lo più insaturi, e proteine ad alto valore biologico.

Colazione

Per la colazione, è bene optare per dei cereali integrali, che sono più sazianti per l’apporto di fibra e (sensibilimente) meno calorici rispetto ai cereali raffinati. Tra le scelte possibili, suggeriamo avena e riso soffiato, ma anche crackers, wasa e farine integrali per la preparazione di pancakes o ricette da forno. Contestualmente, è possibile associare del latte vaccino, parzialmente o totalmente scremato, oppure dello yogurt greco. Semi vegetali, frutta secca a guscio e avocado, così come scaglie di cocco, cacao amaro e cioccolato fondente 80% sono invece delle fonti di grassi insaturi da consumare a inizio giornata.

Pranzo e cena

Le opzioni sono tante anche per il pranzo e la cena. Per i carboidrati complessi, via libera a riso, pasta/pane integrali, pseudocereali e tuberi amidacei. La frazione glucidica va associata ad alimenti proteici, rappresentati da pesce, carni magre, albumi e formaggi freschi. I legumi, che contengono proteine a valore biologico intermedio, possono combinarsi ai cereali per completare il profilo aminoacidico del pasto. Il tutto va sempre accompagnato a una porzione di verdura, sia cruda che cotta. Per il condimento dei piatti, si può ricorrere a una quantità appropriata di olio d’oliva a crudo.

Spuntini

Come accennato poco fa, gli spuntini di metà mattina e metà pomeriggio sono un ottimo espediente per attenuare la fame e conservare l’efficienza giornaliera. In genere, sono le occasioni ideali per consumare della frutta fresca, da associare a frutta secca a guscio o yogurt greco.

In linea generale, è importante variare nella scelta dei cibi, evitando un’alimentazione ripetitiva e poco eterogenea anche nell’apporto di componenti micronutrizionali. Per combattere la monotonia, è importante agire sulle preparazioni, ricorrendo al potenziale di erbe aromatiche, spezie e metodi di cottura differenti.

Conclusioni e consigli finali

Intraprendere una dieta ipocalorica, quando realmente necessario, può rivelarsi un ottimo inizio per ripristinare il benessere fisico e psicologico. In ogni caso, si tratta di un percorso tutt’altro che semplice, richiedendo pazienza, perseveranza e motivazione. Un approccio salutare ed efficace, tuttavia, non prescinde dalla profonda conoscenza dell’argomento, motivo per cui è sbagliato ricorrere al “fai da te”. Consultare un professionista della nutrizione, in sostanza, favorisce risultati e benefici sul lungo periodo.

Associare una costante e moderata attività fisica alla dieta è un ulteriore aspetto da valutare. Allenarsi garantisce, soprattutto per le persone sedentarie, un consumo energetico extra e una maggiore riuscita della dieta. In modo importante, lo sport stimola il tessuto muscolare, favorisce il rimodellamento del corpo e contribuisce al benessere nel suo insieme.

Bibliografia

  • [1] Basal metabolic rate studies in humans: measurement and development of new equations – PubMed (nih.gov)
  • [2] Preserving Healthy Muscle during Weight Loss – PubMed (nih.gov)
  • [3] Weight Loss Strategies and the Risk of Skeletal Muscle Mass Loss – PubMed (nih.gov)
  • [4] Obesity in the critically ill: a narrative review – PubMed (nih.gov)
  • [5] Effect of degree of weight loss on health benefits – PubMed (nih.gov)
  • [6] Role of Nutrition and Diet on Healthy Mental State – PubMed (nih.gov)

Dott.ssa Gabriella Reggina

La Dott.ssa Gabriella Reggina è laureata in biologia presso l’Università Federico II di Napoli e ha proseguito gli studi post-laurea in materia di nutrizione e igiene degli alimenti. È iscritta all’Ordine Nazionale dei Biologi.

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