Grassi: fanno bene o fanno male? Quali sono e dove si trovano grassi buoni e grassi cattivi

I grassi rientrano tra i macronutrienti che compongono la dieta giornaliera. Saperli distinguere e quantificare è importante per un’alimentazione consapevole. Scopriamo quali sono i grassi buoni e come inserirli nella dieta.

I grassi, o lipidi, rappresentano un gruppo molto eterogeneo di sostanze organiche insolubili in acqua. Classificandosi come importanti macromolecole biologiche, i grassi possono essere di origine animale o vegetale, e contribuiscono alla consistenza, al sapore e al contenuto energetico degli alimenti. All’interno dell’organismo umano, i grassi svolgono diverse funzioni fisiologiche, rendendosi necessari per la conservazione di uno stato di salute ottimale.

Alimenti misti con grassi saturi e insaturi

Nei paragrafi seguenti verrà approfondito il ruolo nutrizionale dei grassi, considerandone il ruolo e la corretta impostazione dietetica. Verranno inoltre descritte le differenze esistenti tra le diverse tipologie di grassi, con un riferimento particolare alle tipologie classificate come benefiche per la salute umana. Seguiranno, infine, alcune indicazioni circa la presenza dei grassi negli alimenti, evidenziando le principali fonti alimentari dei cosiddetti “grassi buoni”.

A cosa servono i grassi all’interno di una dieta bilanciata

Come anticipato poco fa, i grassi ricoprono, nel loro insieme, diversi ruoli nella complessa biologia dell’individuo, rivelandosi essenziali in più contesti.

Essi svolgono, in parte, una funzione strutturale, rientrando nella costituzione delle membrane cellulari, e costituiscono una fonte di energia prontamente disponibile all’utilizzo. A tal proposito, un grammo di lipidi si associa ad un apporto energetico di circa 9kcal. In modo rilevante, i lipidi rappresentano dei precursori molecolari, essendo coinvolti nella sintesi di alcune tipologie di ormoni e di alcune componenti del sistema immunitario.

Queste macromolecole sono inoltre implicate nell’assorbimento delle cosiddette vitamine liposolubili, così come di altre sostanze alimentari. Infine, i lipidi sono significativi per la funzione di isolamento termico e per la termogenesi nel neonato.

Conseguenze di una dieta povera di grassi

Viste le numerose funzioni dei grassi, appare dunque evidente l’importanza di assumerli regolarmente attraverso l’alimentazione. D’altra parte, è importante che il quantitativo di grassi sia correttamente inserito all’interno della dieta giornaliera, evitando apporti eccessivamente alti o eccessivamente bassi. Come affermato in precedenza, i grassi rappresentano un’importante fonte di energia e la loro carenza, in associazione all’inadeguata gestione degli altri macronutrienti, si associa facilmente ad un bilancio energetico negativo non sempre necessario.

Inoltre, una carenza di acidi grassi essenziali si pone alla base di alcune problematiche, quali la perdita dei capelli, la cicatrizzazione difficoltosa delle ferite, il ritardo nella crescita e la comparsa di eruzioni cutanee.

È comunque opportuno specificare che tali condizioni tendono a verificarsi in seguito a grave malnutrizione o nel contesto di particolari stati patologici. Diverse osservazioni sperimentali attribuiscono alla carenza di acidi grassi essenziali, così come a proporzioni sbilanciate di questi ultimi, un maggiore rischio di incorrere in patologie croniche di tipo cardiovascolare e tumorale. Allo stesso modo, un eccesso di acidi grassi saturi, descritti più avanti, è stato associato ad un aumentato rischio di obesità, alla patologia coronarica, al diabete di tipo II e al cancro. [1]

Importanza dei grassi nella dieta

Differenze tra grassi saturi e insaturi

Gli addetti ai lavori in materia di salute, così come le realtà commerciali implicate nella produzione/vendita degli alimenti, tendono, ormai da diverso tempo, ad evidenziare le differenze esistenti tra le diverse tipologie di lipidi. In particolare, si usa spesso rimarcare la differenza che sussiste tra acidi grassi saturi e acidi grassi insaturi, sottolineandone il diverso impatto in termini di salute.

Ma di cosa si tratta, in effetti? In parole molto semplici, la struttura molecolare degli acidi grassi saturi può dirsi priva dei cosiddetti doppi legami, che sono invece presenti nella struttura degli acidi grassi insaturi. I doppi legami si definiscono, tra l’altro, anche come “insaturazioni”.

Nell’ambito degli acidi grassi insaturi, è possibile definire un’ulteriore distinzione sulla base del numero di doppi legami: gli acidi grassi dotati di un solo doppio legame vengono definiti come monoinsaturi (spesso riportati con l’acronimo MUFA), mentre gli acidi grassi contenenti doppi legami aggiuntivi nella loro struttura si definiscono come polinsaturi (anche noti come PUFA).

Tra gli acidi grassi monoinsaturi è degno di nota l’acido oleico, mentre tra gli acidi grassi polinsaturi sono da evidenziare l’acido linoleico e l’acido α-linolenico, ovvero i capostipiti, rispettivamente, dei degli acidi grassi Omega-6 e degli acidi grassi Omega-3. Dal momento che l’organismo umano non è in grado di sintetizzarli, sia l’acido linoleico che l’acido α-linolenico devono essere introdotti mediante l’alimentazione giornaliera e, pertanto, vengono definiti come acidi grassi essenziali.

Grassi trans: cosa sono?

A questo punto, è importante descrivere una ulteriore categoria di acidi grassi, ovvero i gli acidi grassi trans. Sebbene siano classificati chimicamente come insaturi, essi si comportano, all’interno dell’organismo umano, in modo più affine agli acidi grassi saturi, rivelandosi dannosi per la salute. Piccole quantità di acidi grassi trans sono presenti in alcuni alimenti di origine animale (latte, alcune tipologie di carne), concentrandosi maggiormente nei cibi industriali. A tal proposito, essi si formano, ad esempio, durante i processi di idrogenazione degli oli vegetali per la produzione delle margarine, e si parla, in tal caso, di grassi idrogenati. [2]

Quali sono i grassi buoni?

Le differenze strutturali descritte sono capaci di ripercuotersi sulla salute umana, esercitando degli effetti che si oppongono tra loro. Tralasciando per un istante l’importanza delle questioni quantitative, si può affermare che il consumo eccessivo di acidi grassi saturi e di acidi grassi trans sia in grado di favorire l’insorgenza delle patologie cardiovascolari, mentre il consumo degli acidi grassi monoinsaturi e di quelli polinsaturi agisca nel modo opposto, contrastando e/o prevenendo tale problematica. [3]

Per questo motivo, i grassi insaturi (monoinsaturi e polinsaturi) vengono anche definiti come “grassi buoni”.

I grassi fanno ingrassare oppure mangiare grassi fa dimagrire?

La nutrizione umana è una materia decisamente complessa e oggetto costante di indagine scientifica. Tuttavia, accade di frequente che alcune nozioni in merito risultino distorte o interpretate nella maniera errata, incrementando la disinformazione. L’idea generale, e alquanto diffusa, che il consumo di grassi faccia di per sé ingrassare ha portato spesso all’eliminazione di queste importanti macromolecole dalla dieta, creando stati carenziali e inficiando sulle funzioni biologiche descritte in precedenza.

L’accumulo del grasso corporeo, e dunque del peso, è in realtà correlata all’introito calorico complessivo, qualora esso sia superiore all’effettivo fabbisogno energetico. In altre parole, assumere più calorie del necessario fa ingrassare, siano essere derivanti dai grassi o, per citare un altro macronutriente spesso oggetto di accesi dibattiti, dai carboidrati.

Allo stesso modo, assumere il corretto quantitativo di grassi alimentari nel contesto di un’alimentazione normocalorica e correttamente bilanciata non avrà ripercussioni sul peso. Appare dunque chiaro quanto approcciare una dieta senza grassi sia inutile e controproducente.

Per quanto riguarda la gestione dei grassi nelle fasi del dimagrimento, alcuni approcci dietetici improntati sul consumo di questi macronutrienti possono, tra l’altro, essere indicati per l’eliminazione del grasso corporeo in eccesso. A tal proposito, può essere interessante far riferimento alla chetogenesi, ovvero un processo metabolico che sfrutta i grassi come fonte energetica primaria. [4]

Tuttavia, il consumo preferenziale dei grassi buoni per dimagrire, quindi l’utilizzo di regimi dietetici particolari, e spesso soltanto transitori, richiede la costante supervisione di un esperto, e non può essere in alcun modo approcciata in autonomia. Sia essa finalizzata alla conservazione di un peso già adeguato, oppure all’eliminazione del peso in eccesso, la gestione dei grassi dovrebbe, ad ogni modo, basarsi su precise scelte qualitative e quantitative. Questo ultimo aspetto verrà approfondito nel paragrafo seguente.

Grassi nella dieta: quali scegliere per stare bene e non ingrassare

Come abbiamo anticipato sopra, per mantenere un corretto stato di salute ed evitare l’accumulo eccessivo di peso, le scelte alimentari dovrebbero ricadere maggiormente sui grassi insaturi, quindi sugli acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi, riservando al consumo di acidi grassi saturi e degli acidi grassi trans soltanto delle piccole frazioni dell’introito energetico giornaliero.

La sostituzione degli acidi grassi saturi con i monoinsaturi e i polinsaturi si associa alla diminuzione dei livelli plasmatici di colesterolo totale e colesterolo LDL, noto a livello colloquiale come “colesterolo cattivo”. In aggiunta, l’apporto di acidi grassi Omega-3 di tipo EPA e DHA si correla all’abbassamento dei livelli plasmatici di trigliceridi. Sebbene i fattori alla base di alcuni dislivelli siano molteplici, sia il colesterolo che i trigliceridi rientrano tra le categorie lipidiche da tenere sotto controllo ai fini della salute cardiovascolare. [5]

Quanti grassi mangiare al giorno

Per quanto riguarda l’inserimento nella dieta dei tre macronutrienti (grassi, carboidrati e proteine), esistono dei valori percentuali di riferimento stilati per la popolazione italiana.

Relativamente ai grassi, tali valori tengono conto delle diverse tipologie descritte nei paragrafi precedenti e vengono rapportati all’introito calorico giornaliero. Per i soggetti adulti, la percentuale di grassi complessiva oscilla tra il 20 e il 35 % delle calorie totali, dove il restante apporto calorico sarà coperto dai carboidrati e dalle proteine nelle percentuali adeguate. Nell’ambito di una dieta bilanciata, la suddetta percentuale di grassi andrà ad associarsi al 45-60% di carboidrati e al 12-15% di proteine. Tali valori andranno ovviamente adattati alle esigenze energetiche soggettive, e dunque all’introito calorico giornaliero.

L’apporto di acidi grassi saturi dovrebbe restare al di sotto del 10% delle calorie totali, mentre l’assunzione di acidi grassi trans dovrebbe ridursi ad una quantità minima, collocandosi al di sotto di 5g/die. Assolutamente degno di nota è l’apporto ottimale di colesterolo, collocato al di sotto di 300 mg/die.

Per quanto concerne gli acidi grassi monoinsaturi, essi dovrebbero coprire dal 10 al 20% dell’apporto calorico giornaliero, mentre l’introito di acidi grassi polinsaturi dovrebbe collocarsi tra il 5 e il 10% delle calorie totali. Quest’ultimo gruppo prevede una ulteriore suddivisione, che inserisce gli acidi grassi polinsaturi della serie Omega-6 nelle percentuali ottimali del 4-8%, mentre colloca gli acidi grassi polinsaturi della serie Omega-3 nelle percentuali di assunzione giornaliera dello 0,5-2,0%.

Per quanto riguarda il rapporto Omega-6/Omega-3, esso è correlato ai rilevanti equilibri esistenti tra i mediatori dell’infiammazione, ed è quindi un parametro da curare nell’ambito dell’alimentazione giornaliera. Sulla base degli studi effettuati circa l’alimentazione moderna, tale rapporto risulta spesso fortemente sbilanciato verso gli acidi grassi della serie Omega-6, alterando costantemente gli equilibri di cui prima e favorendo, quindi, l’infiammazione. Sebbene possa variare sensibilmente in relazione ad alcune condizioni soggettive, il rapporto Omega-6/Omega-3 ad oggi consigliato è di 4:1. [6]

Fabbisogno medio giornaliero di grassi in breve:

  • Grassi totali: 20 – 35% delle calorie totali;
  • Grassi saturi: inferiore al 10% delle calorie totali;
  • Grassi trans: sotto a 5g/die;
  • Grassi monoinsaturi: dal 10 al 20% dell’apporto calorico giornaliero;
  • Grassi polinsaturi: dal 5 e il 10% delle calorie totali.

Grassi buoni negli alimenti: dove si trovano?

Una volta chiarite le differenze tra grassi saturi e insaturi, è il momento di passare al livello pratico e considerare la scelta dei cibi. Come già affermato nelle argomentazioni precedenti, l’adeguato introito di acidi grassi monoinsaturi e di acidi grassi essenziali riveste un ruolo biologico tutt’altro che irrilevante. Dunque, è importante compensare il fabbisogno giornaliero di grassi buoni scegliendo gli alimenti giusti.

Dove si trovano i grassi insaturi? Esistono dei grassi animali in grado di apportare benefici? Cominciando dagli acidi grassi monoinsaturi, essi sono presenti in ottima quantità nell’olio extravergine di oliva, da utilizzare come condimento per le pietanze, preferibilmente a crudo e nelle quantità adattate al fabbisogno energetico soggettivo.

Anche l’avocado, un frutto esotico ormai diffuso anche nell’alimentazione nostrana, presenta ottime quantità di acidi grassi monoinsaturi. In entrambi i casi, l’acido oleico rappresenta l’acido grasso monoinsaturo di spicco.

Per quanto riguarda gli acidi grassi essenziali della serie Omega-6 (acido linoleico), essi sono presenti nella frutta secca in generale, nei semi vegetali e negli oli ricavati dalla spremitura a freddo dei semi.

Gli acidi grassi essenziali Omega-3 (acido α-linolenico) sono presenti in abbondanza nei semi di lino, nei semi di chia e negli oli ottenuti a partire da questi semi. Sebbene in quantità inferiori, questi componenti sono ricavabili anche da altri alimenti vegetali, come le noci, gli spinaci e i fagioli secchi.

Importanti fonti animali di grassi buoni Omega-3 sono rappresentate da alcune tipologie di pesci, come le alici, il salmone, le aringhe e le sardine. In questo caso, gli acidi grassi sono conosciuti con gli acronimi già citati in precedenza EPA e DHA. Per motivi di schematicità, segue una tabella riportante i principali alimenti in questione e le relative quantità di grassi buoni.

Grassi Alimento Quantità per 100g
Monoinsaturi Olio di oliva 67,8g
Avocado 9,07g
Polinsaturi Omega 6 Mandorle 12,3g
Pinoli 33,2g
Noci 38,1g
Semi di girasole 23g
Semi di sesamo 21,4g
Olio di semi di soia 50g
Polinsaturi Omega 3 Semi di lino 22,8g
Semi di chia 17,7g
Fagioli rossi 0,28g
Spinaci 0,14g
Sardine 1,4g
Salmone 1,7g
Aringhe 1,6g
Alici 1,47g
(fonte USDA)

Grassi saturi e trans: in quali alimenti si trovano i grassi da evitare?

Abbiamo visto come siano da preferire i grassi insaturi ai grassi saturi e trans. Ma in quali alimenti si trovano queste due tipologie di grassi che sarebbe meglio ridurre nella dieta?

Per quanto riguarda i grassi saturi, essi sono presenti nei formaggi grassi, nelle carni grasse e negli insaccati, così come in altri derivati animali quali il lardo, lo strutto e il burro.

Rientrano in questo gruppo anche alcuni oli vegetali, con riferimento particolare all’olio di palma. Questo prodotto contiene infatti elevate quantità di acido palmitico, un acido grasso a lunga catena ampiamente utilizzato nell’industria alimentare (nella produzione dei prodotti da forno, ad esempio) e noto per i suoi effetti negativi sulla salute cardiovascolare. Per motivi di completezza, occorre specificare che tali effetti sono associati al consumo eccessivo di questo acido grasso saturo, così come al suo inserimento nel contesto di una dieta sbilanciata verso gli acidi grassi saturi in generale, oltre che povera di acidi grassi insaturi.

Relativamente agli acidi grassi trans, essi sono presenti nelle margarine e nella maggioranza dei cibi industriali. A tal proposito, anche i cibi fritti rientrano tra gli alimenti da ridurre.

Ai fini di una maggiore consapevolezza circa la propria alimentazione, è buona norma controllare le etichette dei prodotti da acquistare, esaminandone la voce “grassi, di cui saturi”. Allo stesso modo, vengono spesso riportate in etichetta anche informazioni circa la presenza o assenza di grassi idrogenati. Per ulteriori approfondimenti sui grassi saturi e per consultare la tabella degli alimenti che li contengono, vi invitiamo a leggere il nostro articolo I grassi saturi fanno male? Dove si trovano?

Bibliografia

  • [1] Field CJ, Robinson L. Dietary Fats. Adv Nutr. 2019 Jul 1;10(4):722-724. doi: 10.1093/advances/nmz052. PMID: 31147674; PMCID: PMC6628852.
  • [2] Bhardwaj, Swati & Passi, Santosh & Misra, Anoop. (2011). Overview of trans fatty acids: Biochemistry and health effects. Diabetes & metabolic syndrome. 5. 161-4. 10.1016/j.dsx.2012.03.002.
  • [3] Rustan, Arild & Drevon, Christian. (2005). Fatty Acids: Structures and Properties. 10.1038/npg.els.0003894.
  • [4] Masood W, Annamaraju P, Uppaluri KR. Ketogenic Diet. [Updated 2020 Dec 14]. In: StatPearls [Internet]. Treasure Island (FL): StatPearls Publishing; 2021 Jan-.
  • [5] Soppert J, Lehrke M, Marx N, Jankowski J, Noels H. Lipoproteins and lipids in cardiovascular disease: from mechanistic insights to therapeutic targeting. Adv Drug Deliv Rev. 2020;159:4-33. doi: 10.1016/j.addr.2020.07.019. Epub 2020 Jul 27. PMID: 32730849
  • [6] Simopoulos AP. The importance of the ratio of omega-6/omega-3 essential fatty acids. Biomed Pharmacother. 2002 Oct;56(8):365-79. doi: 10.1016/s0753-3322(02)00253-6. PMID: 12442909.

Dott.ssa Gabriella Reggina

La Dott.ssa Gabriella Reggina è laureata in biologia presso l’Università Federico II di Napoli e ha proseguito gli studi post-laurea in materia di nutrizione e igiene degli alimenti. È iscritta all’Ordine Nazionale dei Biologi.

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